La vedovanza può portare all’impossibilità di pagare i debiti.
Mettiamo il caso di una famiglia in cui il marito, che lavorava in proprio ed aveva un buon reddito, viene improvvisamente a mancare, lasciando la moglie a dover vivere con il suo solo (modesto) stipendio di impiegata: è evidente che eventuali debiti contratti quando il reddito familiare era molto più alto diventano, in seguito alla morte di un coniuge, assolutamente insostenibili.
E’ quello che è successo ad una signora di Montevarchi, che non ha avuto altra scelta che accedere ad uno dei procedimenti di cui alla legge 3/2012: mettendo a disposizione una piccola porzione di un immobile ereditato e la somma di 230 € al mese per 4 anni, la debitrice potrà alla fine ottenere l’esdebitazione per circa 100.000 €.
La procedura prescelta è stata anche in questo caso la liquidazione del patrimonio.
Un primo tentativo con il piano del consumatore, a cui può accedere unicamente chi ha obbligazioni non imprenditoriali o professionali, non andava a buon fine perché il giudice non considerava assolutamente certa la natura personale di uno dei debiti (si trattava di una somma ricevuta da una finanziaria per ristrutturare un immobile del marito: il decorso del tempo e la morte del coniuge hanno reso impossibile la dimostrazione che l’importo finanziato fosse stato utilizzato effettivamente per tale finalità).
Poco male: la debitrice ha ripresentato una nuova domanda, questa volta di liquidazione del patrimonio, offrendo esattamente gli stessi beni e la stessa quota di reddito indicati nel piano del consumatore, ma con una durata inferiore (4 anni anziché 5).
Il Tribunale di Arezzo in data 27/3/2018 ha infine ammesso al sovraindebitamento tramite liquidazione del patrimonio la nostra assistita.
Il ruolo svolto dal Giudice nei piani del consumatore è certamente più incisivo di quello svolto nelle liquidazioni del patrimonio, pertanto quest’ultima procedura spesso diventa la scelta migliore anche quando i debiti sono di natura esclusivamente personale.