Il piano del consumatore è una delle tre procedure di composizione della crisi previste nella legge n. 3/2012 (legge sul sovra indebitamento) e si caratterizza per essere destinata a soggetti che rivestono la qualità di consumatori, persone fisiche che hanno assunto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale e professionale.
La legge 3/2012 nasce per trovare una soluzione ai molti casi di soggetti oberati dai debiti che non possono utilizzare gli altri strumenti per affrontare le crisi previsti dall’ordinamento: i debitori possono in tal modo “chiudere con il passato” utilizzando le proprie risorse, seppure limitate.
Il piano del consumatore presenta alcuni vantaggi rispetto alle altre procedure previste nella medesima legge, trattandosi di procedimento semplificato nel quale è previsto il vaglio del tribunale ma non l’approvazione della maggioranza dei creditori.
Ecco perché, come ben chiarito in giurisprudenza, il tribunale deve accertare in modo rigoroso il rapporto di funzionalità al privato consumo (Tribunale di Bergamo 16.12.14).
Il giudice dunque, preliminarmente all’avvio del procedimento, provvede a verificare, tra l’altro, la sussistenza della qualità di consumatore in capo al ricorrente, e dunque l’ammissibilità del ricorso sotto il profilo soggettivo.
In particolare, capita di frequente che gli amministratori e i soci di società commerciali rilascino fideiussioni personali alle banche della società a garanzia delle obbligazioni societarie.
In tal caso è evidente “che non si tratti di obbligazione contratta per i bisogni afferenti la sfera personale e familiare del ricorrente, bensì per assicurare idonei finanziamenti alla società” (Tribunale di Milano 16 maggio 2015), con conseguente impossibilità per il debitore di accedere alla procedura del piano del consumatore.
La giurisprudenza della Corte Europea e della Corte di Cassazione del resto è costante nell’affermare che “ai fini dell’individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore, si applica il principio secondo il quale la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore. Conseguentemente non può essere ammesso al beneficio del sovraindebitamento il soggetto gravato da obbligazioni derivanti anche e soprattutto dalla prestazione di garanzie personali (nella specie fideiussioni) nell’interesse di società esercente attività di impresa” (Tribunale di Bergamo 12 dicembre 2014).